Le ‘Fabbriche di Nichi’: inquietanti suggestioni su un naming poco azzeccato
Non intendo minimamente avventurarmi sul versante di un giudizio di carattere politico, anche perché credo sia un fenomeno molto complesso e che valga la pena osservare. Mi vorrei invece soffermare sul significante, e su ciò che porta (forse inconsciamente o forse no) con sé.
Domanda stupida, forse: che significa in italiano “le fabbriche di Nichi”?
I significati sono due, non si sfugge: o che sono fabbriche che producono “Nichi” o sono fabbriche di proprietà di Nichi.
Partiamo dal primo. Detto che “Nichi” è stato fatto – fisicamente – dalla sua mamma ed è stato formato da scuola/università/partito/vita (mica è più un ragazzino!), vuol forse dire che sono fabbriche di un “prodotto/immagine” di Nichi? E ascoltando le conclusioni ai lavori il potenziale prodotto viene fuori eccome: la candidatura alle primarie del centrosinistra. E almeno così si capisce quale sia il prodotto.
Sul secondo invece resta la desolante sensazione di essere ruzzolati, non si sa come, in una deriva personalistica, per cui il luogo del collettivo del ‘fare politica’ in realtà non è di tutti ma diventa proprietà di uno, come se il prodotto del lavoro collettivo diventi proprietà di uno solo.
Magari qualcuno potrà accusarmi di essere di parte (per carità, mai nascosto!), quando in realtà l’idea vuole essere
quella della produzione(di idee, di contenuti, di poesia, ecc ecc ecc). Ma allora qualcuno mi dovrà spiegare perché all’idea di ‘fabbrica’ come collettività di individui che produce qualcosa si è aggiunto quel “di” possessivo. Oggettivamente non ce n’era bisogno.
Un bel salto (non so se indietro, avanti o solo di lato) per la sinistra di alternativa italiana, quella che ci mette non solo la faccia del leader di turno, ma le facce ( e le mani, le teste, le gambe) di coloro che plasmano delle idee e le fanno camminare.
Ovviamente a meno che in realtà lo scopo non sia di usare l’appeal di Vendola.
Ma resta il fatto che il nome è davvero poco azzeccato!